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L’inafferrabile scrivere

Recensione de “L’educazione sentimentale” di Gustave Flaubert

Gustave Flaubert, L’educazione sentimentale, Garzanti

“Una voce apocrifa del flaubertiano Dictionnaire des idées réçues potrebbe definire Flaubert con queste parole: «In lui coesistevano un romantico che trovava banale la realtà, e un realista che trovava vuoto il romanticismo, e un artista che trovava grottesco il borghese e un borghese che trovava pretenziosi gli artisti; il tutto nella prospettiva di un misantropo che trovava tutti ridicoli». Questa definizione, certo arguta, appartiene in realtà a Emile Faguet, eminente rappresentante della storiografia letteraria francese alla fine del XIX secolo, e costituisce una simpatica dichiarazione d’impotenza: Flaubert è irriducibile alle grandi classificazioni della letteratura”.

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Teresa, Antigone e Abisag

Recensione di “La zia Tula” di Miguel de Unamuno

Miguel de Unamuno, La zia Tula, Marchese Editore

«I miei fratelli mi aiutavano in tutti i modi a servire Dio. Sebbene sentissi grande affetto per essi ed essi per me, ve n’era uno quasi della mia età che io preferivo. Ci riunivamo per leggere insieme la vita dei santi…» […]. Prima di terminare questo prologo ci sia permesso di fare un’altra osservazione che a qualcuno potrà sembrare una sottigliezza di linguistica e di filologia e che, invece, è di psicologia. Ma la psicologia è qualcosa di più della linguistica e della filologia?


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Rinascere, forse

Recensione di “Un mese in campagna” di James Lloyd Carr

James Lloyd Carr, Un mese in campagna, Fazi Editore

La guerra e l’orrore da una parte; il suo ossessivo ricordo e il tentativo di sfuggirgli dall’altra. E nel mezzo, l’intervallo quasi miracoloso di un’estate, il placido splendore della campagna inglese, la maestà silenziosa di una chiesa, la scoperta delle vite degli altri, chiuse nel cerchio imperfetto e solidale di un minuscolo, sonnolento villaggio, il richiamo dei secoli trascorsi, che respira in un affresco del quattordicesimo secolo da riportare alla luce, e infine l’amore, che un incontro improvviso risveglia.


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L’invenzione della nivola

Recensione di “Nebbia” di Miguel de Unamuno

Miguel de Unamuno, Nebbia, Fazi Editore

Il personaggio e il suo creatore, la finzione e la realtà, l’estro e la logica, il sonno e la veglia, il sogno e il pensiero, la morte e la vita. Coppie di opposti che forse sono la medesima cosa, o forse non sono altro che un inganno, una burla, un metafisico gioco di specchi, un labirinto impossibile, un enigma che non ha soluzione. Leggi tutto »L’invenzione della nivola

Una minuziosa poetica del cuore

Recensione di “Le nostre anime di notte” di Kent Haruf

Kent Haruf, Le nostre anime di notte, NN Editore

L’amore impetuoso che lento sfiorisce nell’abitudine all’affetto; il quotidiano, ormai incapace di sorprendere, accolto con la stessa gentile noncuranza con cui si mormora il buongiorno a chi si incrocia lungo la via; e la cortesia impeccabilmente indossata, dispensata con generosità, ma talmente anonima, fredda e distante nella sua severa veste di atto compiuto per dovere da ferire, da mutarsi in gesto crudele.

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Tardi, a diciott’anni

Recensione de “L’amante” di Marguerite Duras

Marguerite Duras, L'amante, Feltrinelli

Marguerite Duras, L’amante, Feltrinelli

Una famiglia pietrificata, attraversata dall’assenza, dal silenzio, dal dolore. Sprofondata nell’abisso di follia della madre, ferita dalla tetra malvagità del fratello maggiore, umiliata dalla sua meschinità, colpita al cuore dalla prematura morte di un altro fratello e infine abbandonata dalla sorella, donna-bambina di appena quindici anni splendente nel suo corpo acerbo.

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Nella notte

Recensione de “I figli delle tenebre” di Anne-Marie Garat

Anne-Marie Garat, I figli delle tenebre, Il Saggiatore

Anne-Marie Garat, I figli delle tenebre, Il Saggiatore, 816 pagine

Sono ovunque le tenebre al principio degli Anni Trenta in Europa. E tutti ne sono figli, non importa quanto consapevolmente. Sono le tenebre del caos politico e sociale, è l’oscurità morale terribile di un continente che, ancora non del tutto ripresosi dalla catastrofe della Grande Guerra, corre a perdifiato verso un nuovo e più terribile conflitto, è la notte della miseria trionfante, che morde intere generazioni, che, come un maligno incantesimo, trasforma gli uomini in mendicanti, derubandoli della dignità, del rispetto di sé, è il cieco divampare della rabbia dei popoli, delle genti, è la loro cruda fame di rivalsa che a gran voce reclama l’annientamento di tutti i nemici, degli avversari reali e ancor più di quelli immaginari, dei fantasmi evocati da folli parole d’ordine, dalle lucenti promesse di un pazzo idolatrato come un dio.

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L’uomo, il capitano e l’altro da sé

Recensione di “Rayuela – Il gioco del mondo” di Julio Cortázar

Julio Cortazár, Rayuela – Il gioco del mondo, Einaudi

“A modo suo questo libro è molti libri, ma soprattutto è due libri. Il primo, lo si legge come abitualmente si leggono i libri, e finisce con il capitolo 56 e alla pagina dove tre evidentissimi asterischi equivalgono alla parola Fine. Conseguentemente il lettore potrà prescindere senza rimorsi di coscienza da quel che segue. Il secondo, lo si legge cominciando dal capitolo 73 e seguendo l’ordine indicato a piè pagina d’ogni capitolo”.

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Un oscuro rito di passaggio

Recensione di “Bruciante segreto” di Stefan Zweig

Stefan Zweig, Bruciante segreto, Adelphi

Stefan Zweig, Bruciante segreto, Adelphi

La purezza di sentimenti di un bimbo, la verginità emotiva ed etica di chi si affaccia alla vita contrapposte all’arte della menzogna, alla dissimulazione, alla viltà degli adulti. Il netto, inequivocabile universo di un ragazzino impaziente di farsi uomo confrontato con la realtà sfumata, indistinta, densa di misteri e inganni dei “grandi”, le cui azioni troppo spesso tradiscono le parole dette e la cui pretesa sincerità non è che un mezzo speso in vista dell’ottenimento di un fine. Leggi tutto »Un oscuro rito di passaggio

L’amore e il dio immanente

Recensione di “Città della pianura” di Cormac McCarthy

Cormac McCarthy, Città della pianura, Einaudi

Cormac McCarthy, Città della pianura, Einaudi

Donare parole a ciò che è per sua natura inesprimibile, dare voce al maestoso silenzio della natura e ai suoi ritmi eterni, ai colori dell’alba e alla luce obliqua del tramonto, al confuso odorare della terra, al sordo tambureggiare del tuono, al grigiore indistinto ma vivo e terribile del cielo che annuncia lo scatenarsi della tempesta, al tenace fragore del fiume, significa fronteggiare l’assoluto e adottarne il codice espressivo, significa vestirsi d’immortalità, significa far coincidere in un unico gesto la nuda contemplazione del mondo e la sua descrizione, come fossero l’una la naturale emanazione dell’altra, come se a legare questi due momenti fosse una spirituale concatenazione di causa ed effetto.


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