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Ogni voce è importante


Recensione di “Ortone e i piccoli Chi” di Dr. Seuss

recensione - dr. seuss - ortone e i piccoli chi
Dr. Seuss, Ortone e i piccoli Chi, Giunti Junior

Che davvero sia stato Albert Einstein a pronunciare la celebre frase sulla probabile infinità dell’universo e su quella, indubbia, dell’umana stupidità

(frase che vanta una quantità sterminata di citazioni, inversamente proporzionale, come sempre accade agli aforismi di maggior successo, alla reale conoscenza di colui o colei cui va di sicuro attribuita) è questione che non interessa in alcun modo al gaio e dolce elefante Ortone, la cui vita scorre tranquilla nella rigogliosa Giungla di Nullo. Ma che questa osservazione contenga un’innegabile verità è cosa di cui Ortone deve prendere suo malgrado coscienza nel momento in cui sul suo capo immenso si posa, proveniente da chissà dove, un granello di polvere. Perché da questo minuscolo, infinitesimo atomo di materia giunge alle orecchie dell’animale un suono; qualcosa di molto, molto flebile naturalmente (e potrebbe essere altrimenti?), ma nonostante ciò un suono. O forse un grido. Un grido di aiuto. Possibile? Possibile che in un granello di polvere possa viverci qualcuno? Magari addirittura più d’uno? Magari una famiglia? Dei bambini persino? Tutte queste cose si chiede Ortone, unico tra gli abitanti di quella giungla a credere a ciò che sembra inimmaginabile, a capire che non conta quanto si è grandi, o quanto si immagina di esserlo, perché a ben guardare ogni cosa può essere un mondo, e ogni mondo può essere abitato, basta accettare di guardare le cose da un’altra prospettiva. E del resto, se dall’ingenuo Ortone torniamo ad Einstein e proviamo a pensare al nostro pianeta inquadrandolo nella possibile infinità dell’universo che cosa otteniamo? Esattamente un minuscolo, invisibile (o quasi) atomo di materia perduto tra milioni, miliardi di altri e abitato da creature grandi al massimo quanto capocchie di spillo. E così Ortone, scienziato suo malgrado, o meglio animale tra gli altri ma un po’ meno sciocco dei suoi simili (o forse solo con il cuore più buono, qualità tanto rara quanto preziosa), certo di essersi imbattuto in nuovi amici, decide che farà di tutto per aiutarli, per tenerli al sicuro. Ed è così che ha inizio la sua avventura, splendidamente narrata da quel magnifico autore di libri per ragazzi che è Dr. Seuss nel libro Ortone e i piccoli Chi (in Italia pubblicato da Giunti nella traduzione, ancora una volta brillantissima, di Anna Sarfatti).

Solo contro tutti, considerato matto da un’antipatica cangura (e dalla sua figlioletta, altrettanto odiosa), bersagliato dai pesanti scherzi di una famiglia di macachi, maltrattato da una feroce e pericolosa aquila che di nome fa Razzìa, Ortone cerca a più riprese di spiegare e coloro che lo incalzano, chiedendogli di gettare via il granello di polvere (e con esso il trifoglio su cui l’aveva appoggiato), che lì qualcuno abita, che lì c’è vita – anche perché ha avuto modo di scoprire che la sua intuizione era giusta, e che quel granello ospita non solo una famiglia ma un’intera città, la città di Chissà, dove felici vivono i Chi, guidati da un saggio Sindaco, colui che ha lanciato il primo grido e poi risposto agli appelli di Ortone – ma a nulla valgono le sue proteste e le sue spiegazioni; gli animali della giungla, che si considerano, come fin troppo spesso accade agli uomini, misura di tutte le cose, non riescono a concepire che in qualcosa di talmente piccolo da vedersi a fatica possa esserci qualcosa di vivo, e, sottratto all’elegante trifoglio e granello, li danno all’aquila chiedendole di portarli dove nessuno, e soprattutto Ortone, potrà mai recupararli. Fortuna vuole che le storie di Dr. Seuss prevedano sempre un lieto fine, perché ciò che questi libri si sforzano di insegnare (in questo blog altri lavori di questo geniale autore sono stati recensiti, Il Lorax, Il Paese di Solla Sulla, Prosciutto e uova verdi) non solo ai più piccoli ma anche ai grandi, è che a fare la differenza, a permettere che le cose cambino, che un reale miglioramento avvenga, che la speranza non solo germogli ma possa crescere rigogliosa, è che tutto ciò che è intrinsecamente giusto, la cui forza e il cui slancio finiscono per avere la meglio su ogni resistenza (proprio come la ragione, per il semplice fatto di essere ragione, dovrebbe sempre imporsi sul torto), compia per intero il proprio cammino. Ecco allora Ortone miracolosamente recuperare i suoi amici e, di nuovo circondato dagli altri animali, un tempo compagni e ora agguerriti avversari, riprendere la propria battaglia. Come? Nell’unico modo possibile. Chiedendo ai Chi di fare un baccano infernale, di urlare, suonare, battere, cantare, insomma di fare tutto quanto è in loro potere affinché quelle voci, che lui sente distintamente grazie alle sue grandi orecchie, giungano anche agli altri animali. Ma proprio quando ogni sforzo sembra essere vano e il granello sta per essere gettato in un pentolone di olio bollente, ecco che al disperato coro di Chi si unisce la sola voce che mancava, quella del più piccolo tra loro. Ed è grazie a essa – “perché ogni voce è importante, per piccola che sia” – che il miracolo si compie: ora tutti riescono a sentire i Chi, tutti si convincono della loro esistenza e tutti, naturalmente, a partire dalla cangura (e dalla figlia) vogliono dare protezione a quel mondo probabilmente bellissimo ma di certo immensamente fragile

Nel musicale splendore delle rime baciate e alternate, nel puro fascino dell’invenzione linguistica, nell’esplosione gioiosa di un arcobaleno di neologismi che paiono naturalmente fiorire dal fertile terreno della storia, quasi fosse quel che viene narrato a modellare le parole con le quali lo si racconta, lo si offre al pubblico, Ortone e i piccoli Chi ha la perfezione di un diamante grezzo e la bellezza sempre rinnovata di un gioco infantile patrimonio di tutte le generazioni.

Eccovi l’inizio. Buona lettura. 

Era il quindici maggio, nella Giungla di Nullo, mentre fuori si bolle e nell’acqua è un trastullo, lui si sciacqua… e si crogiola nelle gioie giunglevoli… quando Ortone l’elefante sente un suon dei più fievoli.

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