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L’assassino e le scarpe da tennis

Recensione di “Unico indizio le scarpe da tennis” di Davide Barzi, Marco “Will” Villa e Sergio Gerasi

 
Davide Barzi, Unico indizio le scarpe da tennis, Renoir Comics
Davide Barzi, Unico indizio le scarpe da tennis, Renoir Comics

Periferia di Milano, una mattina di marzo del 1959. Mancano solo due giorni alla primavera. Riverso nell’erba, il cadavere di uno sconosciuto. Non ha documenti, nessuno conosce il suo nome, ma l’aspetto dimesso non lascia dubbi: era un barbone. Ah già, sì, è quello che ha sempre le scarpe da tennis ai piedi. Tutti lo hanno sempre visto gironzolare in zona, ma nessuno sa davvero chi sia.


La polizia, avvisata da uno dei soliti informatori, un elegantone che nel giro chiamano dutùr, interviene. Arriva anche la scientifica, per i consueti controlli. Ma alla fine nessuno è interessato a risolvere il caso. Meglio, molto meglio fare pronostici sul campionato, anche perché tra una settimana ci sarà il derby. Tanto, in fondo, si tratta di un barbone…

Solo il maresciallo Vincenzo Mantuano non è d’accordo. Che diamine, almeno a un nome sulla tomba questo povero diavolo avrà pur diritto… È testardo Mantuano, incurante dei sorrisi di sufficienza dei colleghi per i quali il caso è già risolto e archiviato. Così non esita a indagare per conto suo, infilandosi in ambienti sordidi, nei covi della mala, la palestra, il Teatro alle Maschere con la spogliarellista del Crazy Horse, i bordelli. È in questo modo che riscostruisce le ultime ore del barbùn, che incontra chi lo conosceva, che scopre perché quell’uomo si era ridotto a fare il senzatetto, a vivere di espedienti. E di elemosine. E poco alla volta arriva alle domande fondamentali e alle verità che nascondono: chi l’ha ucciso? E perché? In questa sua testarda inchiesta Mantuano non trova che un aiuto: quello della giornalista Lina di Lante, di Grand Hotel.

Davide Barzi, sceneggiatore bonelliano e autore di tanti altri interessanti lavori, ci regala un coinvolgente e commovente romanzo a fumetti intitolato Unico indizio le scarpe da tennis, omaggio al grande Enzo Jannacci liberamente (e dichiaratamente) ispirato a una delle canzoni più celebri del cantautore milanese, El portava i scarp del tennis (1964): la storia di un uomo dagli occhi buoni, innamorato e solitario, che viene ritrovato morto, con le sue scarpe da tennis ai piedi, sullo stradone che porta all’Idroscalo: «L’han trovaa sòtta a on mucc de carton, / gh’han guardaa el pareva nissun / gh’han toccaa, el’ pareva ch’el dormiva: / “Lassà stà, che l’è ròba de barbon”».

Il suo intenso volume merita più di una lettura. La prima, ovviamente, “per vedere come va a finire”, per scoprire, insieme al maresciallo Mantuano, chi è l’assassino del poveraccio, insomma per gustarsi come merita un classico giallo-noir costruito con indiscutibile maestria. La successiva (o anche, perché no, le successive) per osservarne i dettagli, divertirsi a cogliere i numerosi omaggi alla Milano che fu, ricordare con un pizzico di nostalgia scorci di vie cittadine oggi completamente trasformate, e infine assaporare le battute in dialetto. Ma anche e soprattutto per conoscere i tanti personaggi di contorno che popolano il racconto, poveracci che sbarcano il lunario in tutti i modi, gli ultimi, proprio quelli che stavano tanto a cuore al grande Enzo Jannacci.

Tra loro, naturalmente, c’è anche lui, Jannacci, che “vive” da protagonista l’intero dramma: è lui, infatti – o almeno… un suo sosia – il dutùr che ritrova il cadavere, mentre Mantuano è disegnato sulle fattezze dell’attore Enzo Limardi. E non è finita qui, perché le pagine a fumetti sono intervallate da documenti riprodotti nello stile dell’epoca: copertine di Grand Hotel, raccolte di figurine, locandine con i prezzari dei postriboli, annunci pubblicitari, pagine di fotoromanzi (realizzate con la regia di Dario Barezzi). Anche chi non ha vissuto quegli anni, dunque, si ritrova catapultato nell’atmosfera dell’epoca, tutta Cynar e sigarette nei cinema, con il boom economico all’orizzonte, vent’anni prima della Milano da bere che ci ha sedotto e travolto.

Per i disegni si è messa all’opera una squadra di tutto rispetto: oltre a Marco “Will” Villa (con la collaborazione di Riccardo Nunziati) e Sergio Gerasi – autori rispettivamente della trama portante e delle parti in flashback – sono intervenuti anche i disegnatori di Pseudostudio. Il risultato finale, ottimo, si può considerare una piccola, deliziosa antologia di generi e stili diversi della Nona Arte.

Il volume è edito da Renoir Comics, 160 pagine in b/n per € 14,90 ben spesi. C’è anche una versione cartonata in tiratura limitata (€ 19,90), i cui proventi contribuiranno a sostenere la rivista della Caritas Ambrosiana Scarp de’ tenis (appunto), realizzata e venduta in strada da persone senza fissa dimora.

 
(Antonio Marangi)
 
 

2 commenti su “L’assassino e le scarpe da tennis”

  1. Caro consigliere ti è mai capitato di leggere”Tu,sanguinosa infanzia”di Michele Mari?Leggendo i tuoi post sui fumetti mi viene sempre in mente di chiedertelo e stavolta essendoci di mezzo gli anni 60…ormai te l’ho scritto.Ciao ,ti seguo sempre Gianni il postino da Rovereto

    1. Ciao Gianni, e grazie del messaggio. No, non ho mai letto “Tu, sanguinosa infanzia” di Michele Mari. Ora che l’hai segnalato, cercherò di colmare la lacuna. Quanto ai fumetti, l’esperto non sono io, ma un mio caro amico, Antonio Marangi (la firma di questa recensione è sua, e nel blog ne troverai anche altre) che ha anche ideato e realizzato una bellissima rivista digitale sull’argomento, Sbam! Comics, che ti invito a leggere. Un caro saluto a te e grazie anche della tua affettuosa assiduità

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