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Le opposte latitudini di un medesimo destino


Recensione di “Berta Isla” di Javier Marìas

recensione - javier marìas - berta isla
Javier Marìas, Berta Isla, Einaudi

Un romanzo politico, il cui sfondo è da un lato l’odiosa e violenta dittatura franchista in

Spagna e dall’altro la rigida contrapposizione ideologica che dal secondo dopoguerra fino al crollo economico e politico dell’Unione Sovietica (e al conseguente sfaldarsi del suo blocco di potere) aveva diviso in due blocchi la gran parte del mondo; una storia d’amore giocata sull’irraggiungibile mistero dell’altro, della persona che ci attrae e che pure non riusciamo mai ad afferrare compiutamente, a conoscere come vorremmo, che amiamo, dalla quale siamo amati, cui ci affidiamo, assieme a cui ci abbandoniamo alla vulnerabilità quasi assoluta del sonno, di ore e ore trascorse nell’incoscienza e che malgrado tutto questo mai vediamo davvero arresa ai nostri occhi, alla nostra volontà, ai nostri desideri; un racconto psicologico, dove quasi ogni accadimento non si presenta in sé ma è filtrato dagli stati d’animo che evoca, dalle trafitture del terrore come dagli spasmi incontrollabili di istanti di felicità, dalla disperazione febbrile di attese senza fine fatte di niente, nutrite d’echi di silenzio, all’attonita scoperta di lucenti, affilatissimi brandelli di verità, tanto evanescenti da apparire illusori e così nitidi nel loro disegno, così chiari da non poter essere in alcun modo ignorati, né equivocati; una riflessione filosofica sulle grandi contraddizioni etiche che sono sostanza ed enigma della vita di ognuno, il male e il bene, il giusto e l’ingiusto, il fine da perseguire e i mezzi grazie ai quali raggiungerlo, la libertà di scelta, con tutto ciò che comporta in termini di responsabilità e presa in carico delle conseguenze, e la costrizione, l’obbligo, che se non assicura a nessuno di salvarsi dalla colpa offre comunque, anche se solo come ultima risorsa, come estremo appiglio, il conforto, non importa quanto meschino, di una giustificazione: avevo degli ordini da eseguire e l’ho fatto. Tutto questo e ancora altro è Berta Isla di Javier Marìas (In Italia pubblicato da Einaudi nella traduzione di Maria Nicola), romanzo bellissimo e multiforme che poco alla volta, inesorabilmente, al modo in cui viene pronunciata una sentenza di condanna che non preveda possibilità di appello, sprofonda nell’abisso dell’indicibile senza mai, almeno all’apparenza, abbandonare la normalità di un quotidiano che è misura fin troppo spietata della generale superfluità di ognuno di noi.

Berta Isla, la protagonista che dà il titolo al romanzo, è infatti una giovane spagnola di buona famiglia che conosce e si innamora, ricambiata, di un compagno di studi, Tomàs Nevinson, inglese per parte di padre, dotato di un eccezionale e particolarissimo talento per le lingue (non solo riesce a impararle con facilità estrema ma è in grado di riprodurre i più diversi dialetti e inflessioni, riuscendo a farsi passare per nativo qualsiasi sia la lingua che decide di parlare). Grazie a questo dono, a Tomàs viene proposto di entrare a far parte del servizio segreto inglese, un’opportunità che egli dapprima rifiuta ma che in seguito, a causa di una delicatissima situazione nella quale si trova coinvolto, si vede costretto ad accettare. Solo che una volta entrato al servizio dello Stato, della Corona, Tomàs Nevinson cessa di vivere la propria vita (cioè quella appena cominciata a fianco di Berta Isla, divenuta nel frattempo sua moglie e che gli darà due figli) per immergersi anima e corpo, e per periodi sempre più lunghi, in una trama fittissima di finzioni, inganni, tradimenti, doppi giochi di cui la moglie non saprà mai quasi nulla ma che eroderanno il suo matrimonio, la sua esistenza, l’uomo che avrebbe dovuto starle accanto, finché di ciò che credeva di avere e su cui aveva sognato di costruire il suo presente e il suo futuro e quello dei figli non resterà più nulla, come se ogni cosa non fosse stata che un sogno, il gioco di prestigio di un illusionista, una catatonia indotta da ipnosi cui ci si risveglia smarriti, intorpiditi e confusi, preda di una realtà fredda, distante, ostile, incapace di offrici appigli, di regalarci consolazione. E allo stesso modo di Berta, per quanto da latitudini opposte, Tomàs, salvatosi grazie alla sua scelta da una grave minaccia, si vedrà derubato di tutto ciò che è suo, di se stesso, della sua autenticità di giovane uomo, di marito, di padre e scoprirà che la rinuncia a sé, non meno radicale e definitiva per il fatto di non essere immediata ma riscossa volta a volta, come un debito che si onora restituendolo a rate, è il prezzo da pagare per riuscire a essere, compiutamente, ciò che non si è, un trucco, un inganno, una risorsa dello Stato, della Corona, grazie alla quale il nemico, chiunque egli sia, dovunque si trovi, può essere combattuto, e sconfitto.

Romanzo splendido per ricchezza espressiva e profondità d’analisi, Berta Isla conquista per la commovente autenticità dei personaggi che animano la vicenda e per quel senso di ineluttabile sconfitta che la vicenda, senza mai chiaramente dichiarare, sussurra a ogni pagina. Un senso che è forse il solo che, vivendo, siamo in condizione di cogliere.

Eccovi l’incipit, buona lettura.

Per molto tempo non avrebbe saputo dire se suo marito era suo marito, in modo simile a come non saprebbe dire, nel dormiveglia, se sta pensando o sognando, se ha ancora il controllo della propria mente o se lo ha già perduto per lo sfinimento.

4 commenti su “Le opposte latitudini di un medesimo destino”

  1. Ho letto con interesse e piacere la tua recensione, che condivido pienamente. E’ un romanzo che ho amato molto e sul quale non mi sento di aggiungere altre parole oltre alle tue.
    Ho cercato, affacciandomi oggi per la prima volta al tuo blog, proprio questa recensione perchè ho appena terminato Tomàs Nevinson. L’ho iniziato aspettandomi la vita parallela di Tomàs mentre Berta Isla conduceva a Madrid la sua esistenza solitaria e piena di dubbi, invece il romanzo parte dal momento del ritorno di Tomàs in Spagna. Marìas non mi ha delusa: l’ho assaporato fino all’ultima parola, fermandomi spesso per approfondire i molteplici riferimenti letterari e storici e lasciandomi riempire dagli stati d’animo di quest’uomo prigioniero di una vita che non aveva scelto.
    Mi piacerebbe, in futuro, leggere il tuo parere.

    1. Buongiorno e grazie del tuo messaggio. Sono contento ti sia piaciuta la recensione di “Berta Isla”, romanzo che ho molto apprezzato (del resto, qui recensisco solo opere la cui lettura mi sento di consgliare). Ho a casa il seguito, che di certo leggerò prossimamente e poi recensirò.
      Spero di poter leggere altri tuoi interventi.
      Un saluto e buone letture.
      Paolo

  2. Sto finendo Berta Isla e anche se la cosa mi spaventa un po’ perché non ho un altro libro pronto da un altro punto di vista mi sento sollevata perché la vicenda mi aveva creato uno stato di inquietudine che non riuscivo più a sopportare L’attesa descritta da Berta nel suo flusso di coscienza ininterrotto non portava da nessuna parte era una situazione di stallo che iniziava a logorarmi come probabilmente faceva con il personaggio il quale a differenza di me ( lettore ) aveva almeno la distrazione delle sue attività quotidiane e quotidiane preoccupazioni che davano una scansione al tempo . Il lettore invece rimane immerso in questo lento consumarsi senza possibilità di evasione .La realtà circostante emerge solo come dramma : la minaccia alla famiglia , la morte dei genitori di Tomas , ma la quotidianità della vita scorre su un altro binario che non riesce mai a riemergere e quando lo fa, lo fa con violenza , con una violenza simile a quella di un fiotto d’acqua che finalmente trova una via di uscita dalle profondità della terra

    1. Ho trovato meravigliosi tanto Berta Isla quanto Tomàs Nevinson. Le profondissime riflessioni che partono da una storia tutto considerato banale (letterariamente parlando) qual è un intreccio spinistico a mio modesto avviso testimoniano la grandezza di un autore come Marìas, di cui sentirò molto la mancanza. Grazie del commento, spero continuerai a seguire il blog.
      Un caro saluto
      Paolo

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