Ciò che è (e non vediamo)
Recensione di “La mia lotta (1)” di Karl Ove Knausgard

Karl Ove Knausgard, La mia lotta (1), Ponte alle Grazie
Tutto quello che abbiamo in ogni momento sotto gli occhi è esattamente ciò che non vediamo.
Karl Ove Knausgard, La mia lotta (1), Ponte alle Grazie
Tutto quello che abbiamo in ogni momento sotto gli occhi è esattamente ciò che non vediamo.
C’è un momento in cui la diversità, che tutti contraddistingue, si fa estraneità? C’è un momento in cui questa semplice caratteristica, questo dato di fatto, diviene la perversione di se stessa, si tramuta in malattia, in qualcosa di odioso, detestabile, in conflitto? Esiste questo momento? È distinguibile da tutto ciò che da esso si origina? Come lo si scopre? Come lo si isola? In che modo lo si studia, lo si analizza, lo si decifra?
Leggi tutto »Una crudele insensatezza
«Sentivo mia nonna e mia madre parlare incessantemente del ricordo familiare. Parlavano, insieme agli altri familiari, degli anni di esilio a Jacksonville, rievocavano le lotterie per raccogliere fondi per l’indipendenza, le visite di Martí che era l’amico di mio nonno […]. I miei anni all’università di La Habana, nei giorni in cui si rappresentava un’epica giovanile contro il tirannucolo Machado, il paese afflitto a morte, il terrore, gli scomparsi, la miseria titanica. Leggi tutto »Un socratico azzardo cubano
“… Tutto quello che vuole, sissignore, ma sono le parole che cantano, che salgono e scendono… Mi inchino dinanzi a loro… Le amo, mi ci aggrappo, le inseguo, le mordo, le frantumo… Amo tanto le parole… Quelle inaspettate… Quelle che si aspettano golosamente, si spiano, finché a un tratto cadono… Vocaboli amati… Brillano come pietre preziose, saltano come pesci d’argento, sono spuma, filo, metallo rugiada… Inseguo alcune prole… Sono tanto belle che le voglio mettere tutte nella mia poesia… […]. Leggi tutto »Fummo sconfitti e fummo vincitori
“Lo squallore che assediava la vita dei miei genitori. Il debole odore di colla fatta in casa misto a quello di pesce in salamoia che accompagnava sempre i coniugi Krokmal, gli aggiustatori di giocattoli e medici di bambole. La tinta bruna […] della casa della maestra Zelda, la credenza di formica spelata. E la casa dello scrittore signor Zarchi malato di cuore, la cui moglie Ester soffriva di emicranie.Leggi tutto »La fedeltà consegnata alla letteratura
“Questo libro, nella mia stima, è lungo tra le 250.000 e le 380.000 parole […]. Ma credo non sia corretto dare per scontato che un libro molto lungo sia un libro troppo lungo […]. Non ho mai chiamato questo libro romanzo. Per me è un libro uguale a quello che ogni uomo può avere in sé. È un libro fatto della mia vita e rappresenta la mia visione dell’esistenza fino al ventesimo anno di età”. A leggere questo biglietto, che accompagna un’opera torrenziale, titanica nell’elaborazione come nel risultato finale, convulsa, generosa, colorata e confusa come un sogno, elettrizzante e geniale, è Maxwell Perkins, editor della blasonata e prestigiosa Scribner’s Sons.
Una prosa che stilla sangue, incisa nel dolore puro, affamata d’amore e nutrita di disperazione, sfinita come un corpo malato, avvelenata come il morso di un cane rabbioso, fradicia di sterile ferocia, consumata da un odio incontrollato, instabile, sfuocato come lo sguardo miope di un uomo cui abbiano rubato l’unico paio di occhiali che possedeva, prigioniera di un desiderio di vendetta talmente forte da esplodere in fuochi d’artificio letterari di vertiginoso splendore, abissale mestizia e crudele, intollerabile verità.
“È passato tanto tempo da quando presi l’oppio per la prima volta, che se fosse stato un incidente trascurabile della mia vita, avrei potuto dimenticarne la data: ma gli avvenimenti fondamentali non si possono dimenticare”.