Ciò che è (e non vediamo)
Recensione di “La mia lotta (1)” di Karl Ove Knausgard

Karl Ove Knausgard, La mia lotta (1), Ponte alle Grazie
Tutto quello che abbiamo in ogni momento sotto gli occhi è esattamente ciò che non vediamo.
Karl Ove Knausgard, La mia lotta (1), Ponte alle Grazie
Tutto quello che abbiamo in ogni momento sotto gli occhi è esattamente ciò che non vediamo.
Se l’arte è vita, se fra loro c’è piena coincidenza, se letteratura e musica, disegno, scultura, studio persino (inteso come tensione verso ciò che non si conosce e si cerca di comprendere, dunque di possedere) sono vita, la vita e non una semplice parte di essa quale spazio abita l’atto creativo? Come lo si distingue da tutto il resto? Che significato hanno le cose che da quello slancio prendono vita? Qual è l’esperienza vera, autentica che permette di separare ciò che si incontra grazie alla mediazione del gesto artistico da quel che si prova davvero?
Leggi tutto »“Non c’è felicità nell’amore tranne che alla fine di un romanzo inglese”
Lo sconfinato universo delle possibilità – dalle più grandi e significative a quelle in apparentemente senza importanza, che si adottano o si scartano quasi senza rendersene conto – racchiuso nello spazio finito (ma sempre cangiante) di un palcoscenico; e al centro, allo stesso tempo soggetto e oggetto dello spettacolo che sta per andare in scena, una vita vissuta e colui che, scegliendo passo dopo passo, decidendo, prendendo una direzione in luogo di un’altra, l’ha resa tale, disegnando assieme a essa se stesso, definendosi come persona, identificandosi in ogni scelta.
L’epilogo, con l’immensità dello spazio spalancata dinanzi allo sguardo orgoglioso e sperduto dell’uomo; il misterioso, ipnotico scintillare di miliardi di stelle che invita a riflettere sul mistero della creazione e sulla fioca ma caparbia luce gettata dalla scienza su quell’oscurità che ovunque è compagna di tutto ciò che vive, respira e pensa; il pulsare tumultuoso, così simile al forsennato galoppare del cuore di un neonato, del pianeta, la sua bellezza quasi indicibile, lo schiudersi, agli occhi, al cuore, all’anima e all’intelletto di colui che la contempla, del suo grembo generoso, di quella natura, insieme ospitale e matrigna, la cui è essenza è più impenetrabile di quella del cosmo infinito.Leggi tutto »Un angelo a mezzanotte
La miglior birra mai prodotta? Un caffè istantaneo che per gusto, aroma e fragranza non conosce rivali? Un rivoluzionario condimento per insalate? Un portentoso balsamo per capelli? Un deodorante dall’irresistibile profumo? Un infallibile rimedio contro l’insonnia? Una pellicola in grado di garantire la perfetta conservazione del cibo? La soluzione definitiva per ogni problema di alito cattivo? Che cos’è esattamente Ubik?Leggi tutto »Sostanza, accidente, illusione
“Bisogna ‘celebrare la vita’: ricchi premi e cotillon! Tutte quelle chiacchiere del tipo: ha lottato fino all’ultimo, ma io so quanto gli è costato… Insomma, raccontare il percorso di un’esistenza e metterlo in prospettiva. Bada bene, non dico che non sia commovente. In questi ultimi giorni ho notato un effetto quasi sinfonico. E orrore in quantità industriali, naturalmente.Leggi tutto »Orbite eccentriche in una genealogia di mostri
Schierarsi dalla parte della vita. Con voluttà d’amante, con partigiana convinzione, con devoto fervore. Scegliere il corpo, la carne, l’esistere fisico essenziale e primitivo, e prendere da lì le mosse, da quel che siamo nel momento in cui veniamo al mondo per giungere al cuore, e alla mente, e allo spirito. E infine tornare al cuore, al sangue, ai sensi.
Leggi tutto »Né scrittore né filosofo. Ritratto di un artista
La scrittura naturalmente fluida; la bellezza semplice e quasi disadorna di parole che sembrano attraversare tutto ciò di cui raccontano, coglierne l’esatto senso e offrirlo in dono al lettore; le atmosfere sospese, abbracciate nell’attimo in cui le cose, le grandi come le piccole, stanno per verificarsi; la vita, inafferrabile ma non per questo sfuggente, materia narrativa capace di rinnovarsi ogni giorno e per questa ragione colta con entusiasmo rispettoso, con una partecipazione intensa e nello stesso tempo pacata, con un’attenzione ai dettagli che assume i contorni dolcissimi e commoventi di una dimostrazione d’amore.
Si fonda sul paradosso “La montagna incantata” di Thomas Mann, uno dei grandi romanzi della storia della letteratura. Un paradosso che sembra avere il proprio centro di gravità nel protagonista del romanzo, il giovane ingegnere Hans Castorp, ma che fin dalle prime pagine si svela nel complessivo disegno dell’opera. Guardando all’uomo nella sua unità di corpo e spirito, Mann compie una scelta ardita: racchiude nel particolarissimo microcosmo di un sanatorio per tubercolotici l’intera esperienza di vita di un singolo.
Difficile trovare, nell’intera storia della letteratura, un personaggio simile a Oblomov, protagonista dell’omonimo romanzo di Ivan Goncarov. Descritto, proprio all’inizio del libro, come “un uomo di circa trentadue anni, di media statura, di aspetto piacente, con gli occhi di un grigio scuro”, Oblomov non ha particolarità fisiche evidenti; a spiccare, invece, è il suo carattere, il suo modo di vedere il mondo, che Goncarov, con grande acutezza, presenta al lettore immediatamente dopo aver disegnato i tratti del volto della sua creatura.